01 marzo 2022

"IL DIAVOLO FA LE PENTOLE E NON I COPERCHI": EXTRAPROFITTI E CONTRATTI DI PPP


Oggi parliamo dei tanto temuti e deprecati extraprofitti, il più grande timore di ogni funzionario pubblico che si approccia ad un contratto di PPP.

Perché vi chiederete dico che "il diavolo fa le pentole e non i coperchi"? Perché può capitare che qualche imprenditore "temerario" ed "astuto" presenti piani economico-finanziari "generosi", ma la corretta ed oculata conoscenza e gestione dello strumento del PPP impedisce che si possa effettivamente concretizzare un problema di extraprofitti. In effetti evitare questa criticità è più semplice da quel che si può pensare, come vedremo.

Partiamo dal principio. Per extraprofitti si intendono ricavi dell'imprenditori maggiori di quello che dovrebbe essere la normalità, situazione che si genera ordinariamente nei regimi monopolistici.

Per cercare di arginare il problema e fornire alle Amministrazioni soluzioni di facile attuazione, l'ANAC, nelle sue note linee guida n. 9 sul monitoraggio dei contratti di PPP, ha affermato che "il PEF [Piano Economico - Finanziario] è in equilibrio quando il TIR [Tasso Interno di Rendimento] dell'azionista è uguale al costo atteso del capitale investito; il TIR di progetto è uguale al Costo medio ponderato del capitale (Weighted Average Cost of Capital - WACC); il VAN [Valore Attuale Netto] dell'azionista/di progetto è pari a zero. Se i valori di VAN e TIR di progetto non tendono all'equilibrio significa che il contratto contiene margini di extra-redditività per il partner privato che ne riducono il trasferimento del rischio operativo e, pertanto, queste situazioni devono essere attentamente valutate dalle amministrazioni".

L'Autorità ha, dunque, cercato una soluzione "facile", meramente matematica, al problema, che però crea non pochi rischi di affossare lo strumento del PPP, non essendo in linea con le esigenze del mercato e comportando seri problemi di bancabilità delle operazioni. Infatti, in estrema sintesi:

  • il mercato degli investitori richiede che il rendimento atteso sia maggiore del mero costo del capitale: il rispetto della prescrizione ANAC comporterebbe l'inclusione surrettizia nel costo del capitale del saggio atteso di profitto, con evidenti distorsioni del sistema e in concreto aumento del rischio di extraprofitti indebiti nascosti;
  • in "condizioni operative normali", ovvero prevedendo una durata del debito sensibilmente più breve rispetto alla durata della concessione e una modalità di finanziamento dell'operazione con almeno 2/3 di debito, la coincidenza delle quattro condizioni enunciate dall'ANAC risulta matematicamente complessa se non impossibile (di fatto, rappresenta praticamente un'ipotesi di scuola);
  • in considerazione della struttura matematica per il calcolo dei parametri considerati dall'Authority, è pressoché impossibile, con un WACC pari a zero, un corrispondente ADSCR (Annual Debt Service Coverage Ratio) superiore al limite considerato dagli enti finanziatori per valutare un progetto bancabile.

(Sul punto, per approfondimenti e maggiori dettagli, suggerisco la lettura di un articolo di qualche tempo fa che tratta proprio questo tema e lo sviscera nei suoi vari aspetti fondamentali: https://www.peilex.com/wp-content/uploads/2018/07/Il-Sole-24-Ore.-Linee-guida-Ppp-con-il-Van-pari-a-zero-lAnac-rischia-di-uccidere-il-partenariato-pubblico-privato.pdf)

Con il tempo anche l'ANAC, difatti, ha raddrizzato il tiro su questo tema: nella recente consultazione per l'aggiornamento delle linee guida n. 9 non si parla più di VAN pari a zero, ma di prossimità allo zero ("l’equilibrio economico-finanziario è verificato quando, dato un tasso di congrua remunerazione del capitale investito, il valore attuale netto dei flussi di cassa del progetto (VAN del progetto) è prossimo a zero. Segnatamente, il PEF è in equilibrio quando il TIR dell’azionista è prossimo al costo atteso del capitale di rischio investito; il TIR di progetto è prossimo al costo medio ponderato del capitale (Weighted Average Cost of Capital - WACC); di conseguenza VAN e di progetto e di azionista sono prossimi a zero").

Tuttavia, la posizione di ANAC non appare ancora pienamente soddisfacente, in particolare perché non considera che quello dell'extrareddività non è un tema che si può risolvere in maniera astrattamente "matematica": perché ci siano bancabilità ed appetibilità delle operazioni, la misura dei profitti deve essere direttamente proporzionale alla misura dei rischi che il privato si accolla, non si può prevedere un limite predeterminato ai profitti se sono giustificati dall'assunzioni di maggiori rischi.

Ed allora come possono le Amministrazioni evitare l'extraredditività del contratto in capo al privato? Con una duplice azione combinata:

  1. effettuando a monte una corretta ed oculata valutazione della congruità di costi e ricavi indicati nel piano economico - finanziario;
  2. svolgendo a valle un corretto, costante ed efficace monitoraggio delle performance in fase di esecuzione del contratto.

Quindi, primo punto: le Amministrazioni devono fare meno affidamento sulla stima dell'investimento effettuata dal privato e svolgere un'attenta ed accurata valutazione di congruità dei costi di realizzazione dell'opera indicati nel piano economico-finanziario. Infatti, una sottostima di questi costi porterebbe evidentemente un'extraredditività del privato, conseguenza che giustamente si deve evitare, mentre una sovrastima aumenterebbe comunque il rischio di fallimento dell'operazione, effetto contrario all'interesse pubblico.

Secondo punto: una volta realizzate le opere, le Amministrazioni devono porre la massima attenzione e cautela sul monitoraggio in fase di esecuzione del contratto. Le performance vanno verificate costantemente ed efficacemente e valutate correttamente anche in fase di gestione di eventi patologici. Un esempio su tutti: si verifica un evento che richiede il riequilibrio del piano economico-finanziario. Una volta che l'Amministrazione ha verificato l'effettiva sussistenza del presupposto di revisione del PEF, deve porre la massima attenzione affinché il riequilibrio non consenta un recupero di perdite per il privato e, quindi, un'extraredditività. In concreto, utilizziamo l'esempio molto semplificato di un parcheggio, contratto soggetto a rischio di domanda/mercato:

  • il PEF prevede un tasso di riempimento del parcheggio al 70%;
  • in realtà, negli anni, l'evoluzione della gestione dimostra che il parcheggio viene riempito al 50%
  • interviene una giusta causa di riequilibrio, quale può essere la recente pandemia, evento imprevisto ed imprevedibile che fuoriesce dall'alea di rischio dell'imprenditore;
  • per evitare che ci sia extrareddività ed indebito ripianamento delle perdite del privato, il PEF deve essere riequilibrato tenendo conto dell'effettivo riempimento storico del parcheggio (al 50%, non al 70%): per fare ciò è imprescindibile il corretto monitoraggio da parte dell'Amministrazione in fase di gestione del contratto.
Quindi, per concludere, le Amministrazioni dovrebbero preoccuparsi meno degli indici di redditività, che devono essere valutati alla luce delle prassi di mercato e della misura dei rischi allocati sul privato, e concentrarsi sulle attività di propria competenza nella valutazione e gestione del contratto: in questo modo, si evitano gli extraprofitti e si effettuano operazioni fattibili, bancabili ed equilibrate. 

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