CAUZIONE NELLE PROPOSTE DI INIZIATIVA PRIVATA: ONERE INUTILE O GARANZIA NECESSARIA?
Chi mi conosce bene sa che ho da tanti anni il pallino per la semplificazione, esigenza sempre più sentita nel mondo degli appalti: anche per quanto riguarda il PPP una seria attività di semplificazione sarebbe quanto mai necessaria per incentivare l'utilizzo di questo strumento e renderlo veramente efficace. Cosa intendo personalmente per semplificazione? Potremmo fare riferimento al concetto di minimalismo: riduzione al minimo essenziale degli oneri per stazioni appaltanti e concorrenti nel rispetto del principio di utilità. Nella mia ottica, dunque, ogni adempimento, che sia di competenza pubblica o privata, è necessario nella misura in cui ha un'utilità concreta: questo, per me, significa semplificazione efficace.
In questa prospettiva oggi vorrei affrontare un argomento spinoso: la cauzione provvisoria da prestare per la presentazione di una proposta di PPP ai sensi dell'art. 183, comma 15, del D.Lgs. 50/2016.
Si tratta di un onere particolarmente gravoso, soprattutto per progetti rilevanti, che può arrivare a costituire un effettivo impedimento all'iniziativa privata e, dunque, alla realizzazione di nuove infrastrutture anche importanti: in rapporto alla sua onerosità, è un adempimento effettivamente utile? Personalmente non credo e ora vi spiegherò il perché.
Partiamo dal principio. La norma prevede che le proposte private di PPP siano corredate da una cauzione provvisoria secondo le modalità standard previste per le cauzioni da prestarsi in fase di gara. Si tratta - è bene ricordarlo - di un documento obbligatorio della proposta: la sua carenza comporta per la stazione appaltante l'impossibilità di procedere alla valutazione della proposta.
Una prima difficoltà da affrontare per le imprese, quindi, è rappresentata dall'importo della cauzione da prestare: deve essere parametrata al valore del contratto (non all'importo dell'investimento), il che significa che può raggiungere importi pari a svariate centinaia di milioni di Euro per progetti di rilevante importanza e dimensione (come, ad esempio, grandi ospedali o grandi progetti autostradali). Conseguentemente, ammesso e non concesso che l'impresa riesca a reperire la cauzione necessaria, questo è un costo notevole da considerare per la presentazione della proposta.
Un'ulteriore difficoltà riguarda tutti gli operatori coinvolti (proponente, stazione appaltante e fidejussore): quale deve essere il contenuto contrattuale della fidejussione e quale la durata minima? E qui iniziano ad emergere alcune grandi lacune della normativa che si riflettono in rilevanti intralci pratici.
Tra gli schemi ministeriali che disciplinano le cauzioni negli appalti pubblici non c'è traccia della cauzione provvisoria finalizzata alla presentazione di proposte di PPP: la soluzione usualmente adottata è di utilizzare lo schema standard della cauzione provvisoria da presentare in gara. E' una soluzione ottimale? Assolutamente no, perché le relative clausole sono inevitabilmente correlate al procedimento di gara e mal si adattano al peculiare procedimento di PPP su iniziativa privata.
Due sono i principali profili critici.
Primo: oggetto della copertura della cauzione. Anche su questo la norma non è di alcun aiuto e neppure la giurisprudenza sinora ha fornito indicazioni dirimenti. L'orientamento maggioritario delle stazioni appaltanti è utilizzare questa cauzione a garanzia della partecipazione del promotore alla gara. Ma siamo certi che sia una soluzione corretta, rispondente alla norma ed utile?
Consentimi una provocazione: dove è scritto che il promotore deve partecipare alla gara e, dunque, che la mancata partecipazione costituirebbe un inadempimento sanzionabile con l'escussione della cauzione? La legge si limita a dire che alla gara deve essere invitato il promotore e che lo stesso deve beneficiare del diritto di prelazione. Quindi dov'è il fondamento normativo che consente l'escussione della cauzione in caso di mancata partecipazione alla gara del promotore?
Forse sarebbe più rispondente alla norma, benché direi non tanto più utile, che la cauzione garantisse esclusivamente il dovere del proponente di non "ritirare" la proposta nei tre mesi dalla presentazione che la legge assegna all'Amministrazione per valutarla: ma anche in questo caso, ha senso caricare il proponente di un costo così significativo per tale fine?
A questo, poi, è correlato il secondo profilo critico della cauzione in questo procedimento: la durata. Per quanto deve essere tenuta in piedi la cauzione? Se si sposa l'orientamento maggioritario, dovremmo ritenere che debba rimanere valida sino al termine per la presentazione delle offerte in gara; ma è una durata indeterminata ed a totale discrezione dell'Amministrazione. Anche su questo non saprei reperire un fondamento normativo che giustifichi la richiesta, senza contare che un onere di questo tipo non è neppure controbilanciato da un corrispondente obbligo di indire la gara da parte della stazione appaltante. Se, invece, si optasse per la durata limitata al termine di legge per la valutazione della proposta, possiamo nuovamente dire che si tratti di un onere sensato?
In conclusione, oltre alle difficoltà obiettive di reperire e strutturare la cauzione richiesta, è possibile attribuirle un'effettiva utilità? Francamente a me non pare: mi sembra piuttosto un ostacolo inutile all'iniziativa privata, che potrebbe invece essere un ausilio fondamentale per colmare le carenze dell'Amministrazione.
Purtroppo, allo stato attuale della normativa e dell'evoluzione giurisprudenziale, privati e stazioni appaltanti hanno poche alternative, ma sarebbe auspicabile un serio intervento legislativo sul punto.
Cosa proporrei io? Un'idea potrebbe essere eliminare la cauzione, che secondo me ha davvero un'utilità nulla, e prevedere invece espressamente che la consegna della proposta di PPP importa l'acquisizione immediata da parte dell'Amministrazione del diritto di utilizzare il progetto, anche in caso di successiva rinuncia del promotore a proseguire nella valutazione ed a partecipare alla gara. Questa penso sarebbe la migliore garanzia per la parte pubblica, che peraltro viene così tutelata anche da eventuali ipotesi di fallimento del promotore (fattispecie che non è così rara nella pratica e, in assenza di una disciplina normativa, comporta il blocco del procedimento e l'impossibilità per la stazione appaltante di utilizzare il progetto dichiarato di pubblico interesse).
Alla prossima!
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